Autoimmunità e intestino

Dalla fine della seconda guerra mondiale, si è registrato un rapido aumento delle patologie autoimmuni.

Esse comprendono più di 80 tipi diversi di patologie tra cui il morbo di Crohn, l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla, il diabete di tipo 1.

La predisposizione genetica, i fattori ambientali (tra cui le infezioni) e la disbiosi intestinale giocano un importante ruolo nella determinazione delle patologie autoimmuni.

Figura 1. La combinazione tra genetica, fattori ambientali e disbiosi intestinale, porta allo sviluppo di una patologia autoimmune.

 

 

All’inizio i sintomi di un disordine autoimmune sono vaghi: malessere, fatica, febbricola, dolori muscolari ed articolari.

Spesso i pazienti si rivolgono ai medici solo quando la patologia è completamente manifestata. Una patologia autoimmune si evolve col tempo, già anni prima è possibile rintracciare la presenza di autoanticorpi.

In molti pazienti affetti da un disturbo autoimmune, tra cui tiroiditi, artrite reumatoide, diabete tipo 1, lupus eritematoso sistemico, muta una proteina presente nei linfociti (una tipologia di globuli bianchi del sistema immunitario).

Numerosi sono i fattori ambientali che contribuiscono al manifestarsi di una patologia autoimmune, ad esempio virus, batteri, metalli pesanti, tossici chimici, farmaci, stress emotivo (in aumento soprattutto dopo il Covid).

Ad esempio alcuni adiuvanti come l’idrossido di alluminio, usato in alcuni vaccini (NON presente in quelli contro il Covid) e alcuni siliconi impiegati negli impianti mammari possono causare un disturbo autoimmune quale la sindrome di Shoenfeld.

 

Il fumo è uno dei principali fattori ambientali della determinazione dell’artrite reumatoide, infatti studi recenti dimostrano che il fumo causa una mutazione nelle proteine presenti nelle articolazioni.

Un’infezione causata da virus, batteri o funghi può amplificare una patologia autoimmune, esacerbandola oppure inducendo ad un disturbo cronico.

 

Come l’alimentazione influisce sulla determinazione di una patologia autoimmune

Il modo di mangiare dell’uomo è cambiato, soprattutto nei paesi industrializzati. Per centinaia di generazioni l’uomo si è cibato di cibo frugale dopo lo sviluppo dell’agricoltura e di prodotti di stagione.

La carne era consumata occasionalmente ed i pascoli erano allevati allo stato brado.

Negli ultimi 50 anni, la nostra alimentazione è cambiata in modo considerevole, sono state sviluppate nuove tipologie di grano, soprattutto per frumento, riso, soia e mais.

 

Luso di pesticidi, fungicidi ed insetticidi, l’aggiunta di ormoni ed antibiotici nell’alimentazione degli animali d’allevamento.

L’aggiunta di ingredienti chimici negli alimenti come conservanti, coloranti, aromi; zuccheri artificiali in cibi e bevande.

 

Il consumo di sale due volte maggiore rispetto alla dose giornaliera raccomandata, che porta a danni cardiovascolari e a reazioni immunitarie, scatenando patologie autoimmuni.

Inoltre l’eccessivo utilizzo di materie plastiche come il bisfenolo A nei contenitori di bevande e alimenti, contribuisce ad aumentare ancora di più l’esposizione dell’organismo a sostanze tossiche.

Parallelamente ai cambiamenti alimentari, sono aumentate le diagnosi di patologie autoimmuni, suggerendo una stretta relazione tra alimenti ed autoimmunità.

 

Il glutine e la carenza di vitamina D, rappresentano un maggiore rischio nello sviluppo di una patologia autoimmune.

Nel nostro intestino vi è un grandissimo numero di batteri ed oltre il 70% di questi non possono essere coltivati in laboratorio, per cui è di fondamentale importanza che l’intestino sia in buona salute. L’intestino occupa una superficie di circa 200 metri quadrati, ed è il più grande punto di contatto tra l’ambiente interno del nostro corpo e l’esterno.

Nell’intestino viene prodotto circa il 70% delle cellule del sistema immunitario; il tessuto linfoide aiuta a prevenire la sovraccrescita di specie batteriche patogene.

Il numero dei batteri intestinali è 10 volte maggiore rispetto al numero delle nostre cellule.

In un’alimentazione alta in grassi e proteine, predominano i batteri del genere Bacteroides, invece un’alimentazione ricca in carboidrati favorisce la crescita del genere Prevotella.

Il microbiota intestinale e quindi la popolazione di batteri che abitano l’intestino, è influenzato dalla motilità del tratto gastrointestinale (la velocità con cui gli alimenti attraversano l’apparato digerente), dall’assunzione di farmaci tra cui antiacidi, antibiotici, antiinfiammatori non steroidei.

E’ influenzato dal fumo, dall’uso di alcool, dal tempo di transito degli alimenti, dal flusso di sangue verso gli organi digestivi, e dal funzionamento renale.

Tutti questi fattori, possono attivare il sistema immunitario, inducendolo a produrre anticorpi che oltre ad attaccare i fattori tossici, per similarità attaccano anche parti del corpo, sviluppando una patologia autoimmune.

 

Intestino e artrite reumatoide

L’artrite reumatoide è una delle patologie autoimmuni più prevalenti che colpisce principalmente le articolazioni. L’artrite reumatoide causa deformità, disabilità e morte se non trattata con farmaci. E’ una patologia complessa e multifattoriale, che è determinata dalla genetica e dai fattori ambientali, con un aumento della produzione di autoanticorpi e linfociti T proinfiammatori.

L’uso continuo di antibiotici, porta cambiamenti nel microbiota causando un’alterazione che porta alla diminuzione di specie benefiche come Bacteroides e Bifidobacterium a favore invece della crescita di specie patogene come Campylobacter, Streptococcus, Leuconostoc, Candida Albicans.

Cambiamenti nel microbiota portano ad una differente risposta del sistema immunitario e allo sviluppo dell’infiammazione sistemica.

 

Nei pazienti affetti da patologie autoimmuni, si ha una maggiore permeabilità intestinale, ciò rappresenta l’anello di congiunzione tra intestino e patologie autoimmuni.

 

L’artrite reumatoide viene esacerbata dalla crescita all’interno dell’intestino di specie quali Salmonella, Shigella e Yersinia, che dovrebbero essere presenti in bassissime concentrazioni.

 

Asse intestino-cervello

Il cervello modula le funzioni gastrointestinali e il sistema gastrointestinale a sua volta, è monitorato dal cervello attraverso meccanismi neuronali, endocrini e immunologici.

Esiste quindi, una comunicazione bidirezionale tra intestino e cervello.

In condizioni di stress, il cervello produce una maggiore quantità di neuro peptidi che giunti sulla barriera intestinale, rompono i legami che tengono unite le cellule, determinando un intestino permeabile.

In pazienti depressi si ha una maggiore permeabilità intestinale con un conseguente passaggio all’interno dell’intestino di sostanze dannose.

L’equilibrio dell’asse intestino-cervello-microbiota è molto importante, basta lo squilibrio di uno di questi tre a determinare un cambiamento che coinvolge tutto il corpo.

Figura 2. La connessione tra intestino, cervello e microbiota.

 

 L’altro lato della stessa medaglia

Il microbiota intestinale contribuisce a mantenere in salute il nostro organismo. Ci sono appunto batteri “buoni” che possono ridurre delle patologie ad esempio B. fragilis può ridurre la colite causata da Helicobacter, favorendo la produzione di sostanze antiinfiammatorie.

Figura 3. L’impatto del microbiota sull’asse intestino cervello in condizioni di eubiosi (equilibrio), disbiosi (stato patologico).

 

 

 

 

 

 

Fonte

Autoimmunity and the Gut. Andrew W. Campbell. Autoimmune Diseases. Volume 2014, Article ID 152428.

 

 

 

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