Molte volte quando vai a fare la spesa, fai fatica a destreggiarti tra gli scaffali dei supermercati. Trovi tante varietà di pasta, di farina, solo per citarne qualcuno; con diverse diciture quali “biologico”, “integrale”, “con farine poco raffinate”.
Qual è il loro reale significato?
Esiste una differenza tra prodotto biologico e prodotto naturale (spesso considerato la stessa cosa), prodotto integrale e prodotto ecologico.
“Naturale” è una parola molto usata nella pubblicità, ma, nonostante il numero sempre crescente di prodotti pubblicizzati come tali, non esiste alcuna legge che definisca un prodotto “naturale” e che quindi ne disciplini l’uso.
Spesso il termine “integrale” può essere interpretato come “prodotto sano” o “biologico”, ma i prodotti integrali possono derivare sia da un’agricoltura biologica sia da un’agricoltura convenzionale (che utilizza sostanze chimiche); un prodotto integrale è generalmente inteso come “non raffinato”.
Ma qual è la differenza tra biologico e integrale?
Quando si parla di integrale, ci si riferisce alla lavorazione dei cereali (non solo frumento, ma anche riso, orzo, avena, segale ecc.), che non priva i chicchi dello strato esterno (crusca) e del germe, ovvero non li raffina.
La raffinazione è un vantaggio dal punto di vista commerciale perché, con l’eliminazione del germe (che contiene acidi grassi insaturi), la farina non irrancidisce rapidamente. Però in questo modo essa viene anche privata del 50-90% dei nutrienti più preziosi che sono vitamine e soprattutto fibre importanti per la salute dell’intestino.
Il consumo quotidiano di cibi integrali aiuta nella prevenzione di patologie cardiovascolari, oncologiche e a tenere sotto controllo il peso.
Attenzione però: non sempre quello che ha un aspetto integrale (per esempio un pane scuro) lo è pienamente;
Molte volte si tratta di una semplice aggiunta di cruschello a una farina raffinata. Bisogna verificare che sull’etichetta compaia la dicitura “100% farina integrale” oppure “100% da frumento integrale”.


Quando si parla di biologico, ci si riferisce alla coltivazione dei cereali, che avviene su terreni bonificati da ogni tipo di intervento chimico precedente. Questi cereali e i loro derivati (pasta, pane, prodotti da forno ecc.) sono certificati con un’etichettatura particolare.
Il biologico (così come il non biologico) può essere integrale o raffinato.
Però, poiché nella coltivazione biologica non sono impiegate sostanze inquinanti, la parte esterna che viene conservata nelle farine e nei prodotti derivati è molto più sana.
In altre parole, è meglio acquistare cibi integrali e biologici se davvero teniamo alla nostra salute.

Fai però attenzione a ciò che trovi sugli scaffali dei supermercati, perché potresti trovare prodotti con la dicitura “Bio” i cui ingredienti però non sono affatto salutari, per la presenza di zuccheri in eccesso, grassi saturi, ecc. Il mio consiglio è di leggere sempre gli ingredienti. Se leggi ad esempio gli ingredienti di questi biscotti biologici, noti il quantitativo eccessivo di zuccheri al loro interno!!!

Hai capito che se leggi “biologico” non necessariamente il prodotto che acquisti sia benefico per la tua salute;
Qual è la differenza tra agricoltura biologica ed agricoltura intensiva?
Agricoltura chimica intensiva
Prevede l’impiego di fertilizzanti e prodotti chimici che hanno consentito il passaggio alla monocoltura, ossia la riutilizzazione del terreno per la stessa coltura anno dopo anno, eliminando chimicamente il normale ciclo di rotazione delle colture e riposo che un terreno dovrebbe osservare per recuperare il materiale organico perso.
Tra i prodotti chimici utilizzati troviamo i diserbanti (prodotti che distruggono alcuni tipi di piante infestanti, impedendone lo sviluppo, inibendo la fotosintesi o interferendo nei processi fisiologici provocati dagli ormoni delle piante), i fitofarmaci (sostanze chimiche che, intervenendo sul ciclo biologico di una pianta, ne incrementano e migliorano la produzione; vengono anche usati come veri e propri farmaci, per curare malattie dei vegetali), insetticidi (preparati che agiscono come sostanze tossiche verso gli insetti e altri parassiti animali) oltre ai diversi tipi di nitrati e urea utilizzati come fertilizzanti

Agricoltura biologica
L’uso delle tecniche intensive di coltivazione ha però talvolta portato a effetti indesiderati per l’ambiente, così come l’eccessivo impiego di prodotti chimici per la difesa delle colture ha creato problemi di resistenza delle piante ai parassiti e creato preoccupazione circa la possibile presenza di residui negli alimenti. Da qualche anno, troviamo su alcuni prodotti la dicitura “da coltivazione biologica”. Nata per applicare tecniche agricole più rispettose per l’ambiente e la salute dell’uomo, utilizza solo concimi di origine naturale (letame, sostanze minerali, compost) evitando concimi chimici, diserbanti, insetticidi e altre sostanze chimiche di sintesi, potenziando così l’ambiente agrario, recuperando la biodiversità che l’agricoltura convenzionale aveva portato a perdere. Nell’agricoltura biologica la lotta ai parassiti delle piante è consentita solamente con preparati vegetali, minerali e animali non tossici e con l’utilizzo di insetti predatori e parassiti. Nella trasformazione non sono consentite sostanze conservanti e coloranti quali nitriti e nitrati, acido benzoico o benzoati. Per considerarsi biologica, una coltivazione, oltre a quelli citati, deve rispettare i seguenti parametri:
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- I prodotti devono essere coltivati in terreni dove da almeno due anni è stato sospeso l’uso di prodotti chimici.
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- I terreni devono essere nettamente separati dagli appezzamenti con produzione non biologica.
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- Ogni fase di produzione: coltivazione, trasformazione, confezionamento è sottoposta a controllo specifico.
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Esiste un Regolamento Comunitario che la regola, il Reg. CEE 2092/91 per cui si tratta di una produzione certificata

Un altro dilemma che ti accompagna mentre fai la spesa è la scelta tra cereali decorticati e cereali perlati, sono la stessa cosa?
Nel chicco si trova la spiegazione delle differenze tra i termini integrale, decorticato e perlato.
Il chicco di ogni cereale è formato da diversi strati:
Il più esterno è la crusca, una specie di pellicola che lo protegge dagli agenti esterni, è composta da fibre, vitamine, antiossidanti e sali minerali. Sotto alla crusca si trova il germe, ricco di vitamine e sali minerali. Al centro invece c’è l’endosperma, che contiene gli amidi ovvero i carboidrati. Quando il chicco si presenta completo dei tre strati si parla di integrale. In questa condizione il cereale fornisce tutte le sue componenti di fibre e amidi evitando al nostro organismo eccessivi cambi di glicemia. Quando il chicco subisce un primo processo di lavorazione, durante il quale viene privato della crusca, diventa decorticato. Mantiene però intatte la parte del germe e dell’endosperma. Quando il chicco viene ulteriormente processato e raffinato, togliendo sia la crusca sia il germe, diventa perlato. La composizione predominante del cereale perlato è quindi quella degli amidi; privati dell’azione della fibra, quando vengono ingeriti provocano un rapido aumento della glicemia, con sovrapproduzione di insulina.
Ovviamente il cereale integrale presenta una quantità maggiore di nutrienti utili al nostro organismo e hanno bisogno di più tempo di cottura. I cereali perlati sono più digeribili e si cuociono più velocemente, per contro non presentano le stesse caratteristiche nutrizionali di quelli integrali.

Le distinzioni non vanno fatte solo in campo agricolo, esistono delle differenze anche per gli allevamenti:
Allevamento intensivo
Soluzione individuata per rispondere alla necessità sempre maggiore dei prodotti da allevamento e ha imposto profonde trasformazioni al classico metodo di allevamento presente fino agli anni 50-60, periodo in cui è iniziata l’evoluzione del consumo di carne in Italia. Sulla spinta di questa crescente richiesta di carne, latte e uova, la popolazione mondiale di mucche, maiali, pecore, capre, polli e altri animali (d’allevamento) è molto cresciuta; il loro numero è aumentato del 60% da 3,1 a 4,9 miliardi, mentre quello dei volatili d’allevamento si è pressoché quadruplicato, passando da 4,2 a 15,7 miliardi.
Si è passati dalla zootecnia alla zootecnia intensiva attraverso:
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- l’evoluzione delle strutture delle stalle;
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- l’applicazione della chimica e della tecnologia all’allevamento attraverso l’introduzione di mangimi complessi e integrati;
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- la modifica genetica degli animali allevati;
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- l’utilizzo di farmaci, vaccini e antiparassitari.
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L’industrializzazione ha favorito così la concentrazione di animali in grandi strutture, riducendo drasticamente il bisogno di terreno; al giorno d’oggi, infatti, negli allevamenti industrializzati o senza terra, è concentrata la maggior parte degli animali; non solo bovini, ma anche polli, suini, tacchini e conigli. La metodologia dell’allevamento intensivo, se pur con tecniche diverse, oggi si pratica anche per l’allevamento degli animali acquatici, quali ad esempio molluschi, pesci e crostacei. Utilizza metodi di riproduzione artificiali avvalendosi dell’impiego di estratti ipofisari per controllare il processo riproduttivo e anticipare artificialmente la maturazione degli ovuli nelle femmine e del liquido seminale per i maschi.
L’ittiocoltura comprende allevamenti di pesci d’acqua dolce e d’acqua salata. Attraverso questa tecnica di allevamento i pesci vengono quindi allevati dallo stadio larvale fino alla fase finale con metodi artificiali in condizioni intensive in ogni fase. Anche per questo tipo di allevamento si fa largo uso di principi farmacologici quali antibiotici, formalina e antiparassitari. Nell’alimentazione dei pesci si fa uso di diete artificiali, soprattutto sottoprodotti del macello, residui dell’industria dello scatolame, sottoprodotti della lavorazione del pesce e mangimi secchi contenenti farine animali, integratori, antiossidanti e antibiotici.

Allevamento biologico
Si avvale di varie tecniche, a volte molto sofisticate, che tengono in considerazione il benessere degli animali, la biodiversità, le tradizioni e la salute dell’uomo. Nell’allevamento biologico, a differenza di quello intensivo, gli animali sono allevati con tecniche che rispettano il loro benessere e sono nutriti con vegetali prodotti in azienda secondo i principi dell’agricoltura biologica e comunque acquistati solo in via eccezionale in aziende che praticano l’agricoltura biologica debitamente riconosciute, con un divieto di alimentare gli animali con prodotti di origine animale (ad esclusione del latte). Nel caso della vacca da latte, almeno il 60% della sostanza secca ingerita quotidianamente deve opportunamente essere formata da foraggi freschi, essiccati o insilati; questi ultimi non possono però rappresentare l’unica componente foraggiera. Il ricorso a mangimi convenzionali (anche di produzione non biologica) è ammesso solo per una quota limitata, non superiore al 10% della sostanza secca della razione. Nell’allevamento biologico sono evitate tecniche di forzatura della crescita e metodi industriali di gestione dell’allevamento, mentre per la cura delle eventuali malattie si utilizzano rimedi omeopatici e fitoterapici. Al momento, l’uso dei farmaci di sintesi non è comunque completamente proibito. Per esempio, l’impiego di prostaglandine per combattere i disordini di fertilità e per la sincronizzazione degli estri della zootecnia biologica è proibito; mentre non lo è quando sono usate in casi estremi ad uso terapeutico in sostituzione degli antibiotici.

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