La resistenza insulinica

La resistenza all’insulina è una condizione che sta crescendo sempre di più nella popolazione.

Si stima che 1 individuo su 3 sia insulino-resistente, e che non sappia di esserlo.

Tra le cause dell’insulino resistenza, c’è l’eccessivo consumo di cibi calorici, cibi industriali che apportano solo calorie senza fornire nutrienti al nostro corpo; inoltre la mancanza di attività fisica, lo stress, il sonno insufficiente, contribuiscono allo sviluppo di tale condizione.

 

L’insulino resistenza (o resistenza all’insulina) consiste nella diminuzione della risposta delle cellule dell’organismo all’insulina.

 

 

 

Cosa è l’insulina?

L’insulina è un ormone prodotto dalle cellule β del pancreas e controlla il metabolismo di zuccheri, grassi e proteine.

Esercita anche un’azione (mitogenica) che favorisce la proliferazione cellulare. 

Il legame dell’insulina (chiave) con il suo recettore (serratura) attiva l’apertura delle porte delle cellule di fegato, muscolo e tessuto adiposo, consentendo l’entrata del glucosio (zucchero presente nel sangue).

 

A livello epatico, l’insulina stimola la sintesi del glicogeno (una molecola che rappresenta la nostra riserva di carburante) e inibisce la gluconeogenesi (cioè la formazione di nuove molecole di glucosio) e la glicogenolisi;

L’insulina può stimolare la sintesi dei trigliceridi, favorendone il deposito a livello degli adipociti (lipogenesi);

Favorisce inoltre la sintesi proteica in diverse cellule.

L’insulina svolge molteplici funzioni anche a livello encefalico. 

Regola i meccanismi bioenergetici neuronali, migliora la plasticità sinaptica e la formazione delle spine dendritiche e aumenta il turnover di alcuni neurotrasmettitori, come la dopamina. 

L’insulina è coinvolta anche nella eliminazione della sostanza β amiloide coinvolta nella genesi della malattia di Alzheimer.

 

 

Cosa succede se l’insulina non riesce ad aprire la serratura?

Si manifesta la condizione di insulino resistenza, definita come un’alterazione del segnale dell’insulina. 

Per superare tale difficoltà, il corpo risponde aumentando la produzione di insulina, ma ciò causa iperinsulinemia. 

L’iperinsulinemia si verifica in caso di iperglicemia, un’aumento eccessivo della glicemia dovuto ad un introito spropositato di carboidrati che può condurre al diabete di tipo 2. 

 

Le possibili manifestazioni cliniche dell’insulino resistenza comprendono: 

1) alterazioni metaboliche: dislipidemia (aumento dei trigliceridi, aumento del colesterolo totale e diminuzione dell’HDL), obesità viscerale; 

2) danno d’organo: ipertensione arteriosa, disfunzione endoteliale, danno renale, steatosi epatica; 

3) associazione con altre patologie: Sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), Sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS), malattie neurodegenerative, patologie neoplastiche, aumentata mortalità e ospedalizzazione per infezione da Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2;

 

 

 

 

Nei pazienti insulino-resistenti si riduce la sintesi dell’ossido nitrico (fattore di vasodilatazione), di conseguenza si ha vasocostrizione, ritenzione di sodio e liquidi e, quindi, incremento della pressione arteriosa.

L’insulino-resistenza causa un aumento della produzione di fattori pro-trombotici, pro-infiammatori, di Specie Reattive dell’Ossigeno (ROS).

 

L’obesità viscerale è una delle manifestazioni cliniche più tipiche dell’insulino-resistenza; Il tessuto adiposo viscerale (VAT), rispetto al tessuto adiposo sottocutaneo, produce una maggiore quantità di sostanze pro-infiammatorie.

Le citochine pro-infiammatorie prodotte dall’adipocita (cellula del tessuto grasso) svolgono un ruolo cruciale nello sviluppo della steatosi epatica (fegato grasso).

Infatti, riducono la sensibilità all’insulina dell’epatocita (cellula del fegato) favorendo il deposito di lipidi a livello epatico, che a sua volta peggiora lo stato di insulino-resistenza.

 

A livello del fegato inoltre, la resistenza insulinica fa sì che venga rilasciato glucosio in eccesso, mentre a livello del muscolo impedisce alle cellule muscolari di assorbire correttamente questo glucosio, che, quindi, non verrà utilizzato a scopo energetico e resterà in eccesso nel sangue.

Si verifica un aumento del deposito di grassi in altri organi (pancreas, fegato, rene, vasi, muscolo scheletrico, cuore e Tessuto Adiposo Epicardico, EAT).

 

L’insulino resistenza si associa anche ad altre condizioni quali:

la sindrome dell’ovaio policistico, circa un terzo delle donne affette da PCOS, anche non obese, ha insulino-resistenza.

A livello ovarico l’insulina in eccesso stimola l’espressione dei recettori per l’ormone luteinizzante (LH), rendendo le cellule più responsive a questo stimolo e favorisce la steroidogenesi ovarica da parte delle cellule della teca e della granulosa.

L’aumentata concentrazione di androgeni peggiora la funzione ovarica e determina anovulazione e si va incontro alla condizione definita iperandrogenismo.

 

Inoltre la frammentazione del sonno e l’ipossia (mancanza di ossigeno) nell’apnea notturna (OSAS) potrebbero aumentare il tono del sistema nervoso simpatico, riducendo la secrezione di insulina e l’up-take di glucosio e favorendo la produzione epatica di glucosio.

Infine, la deprivazione di sonno potrebbe aumentare la secrezione di cortisolo, che peggiora la sensibilità insulinica.

Infine, lo stato proinfiammatorio associato all’insulino-resistenza sembrerebbe giocare un ruolo favorente l’insorgenza di malattie neurodegenerative.

 

Diversi studi hanno evidenziato che i pazienti affetti da diabete di tipo 2 hanno maggiore suscettibilità alle infezioni da SARS-CoV-2 e sviluppano una malattia più severa.

L’iperinsulinemia nei pazienti insulino-resistenti aumenta l’espressione dell’Angiotensin Converting Enzyme (ACE2), che rappresenta la porta di ingresso del SARS-CoV-2 nelle cellule (in pratica l’insulino resistenza fa si che aumentino le porte di ingresso), giustificando la maggiore suscettibilità a questo tipo di infezioni nei pazienti diabetici. 

Vari studi hanno messo in luce la forte associazione tra severità della malattia e il grado di infiammazione sistemica.

L’insulino-resistenza, è causa di uno stato pro-infiammatorio più o meno severo, caratterizzato da un’aumentata produzione di ROS, IL-6, IL-1β, TGF-β; pertanto, i pazienti diabetici affetti da SARS-CoV-2 più probabilmente sviluppano una tempesta citochinica in risposta all’infezione.

Alla base delle patologie croniche c’è sempre l’insulino resistenza

Si può avere resistenza insulinica già diversi anni prima della diagnosi di diabete.

 

L’insulino resistenza è più la conseguenza che la causa dell’aumento del grasso corporeo.

A sua volta, questa condizione, comporta l’alterazione della composizione corporea, in quanto rende più difficile l’incremento della massa muscolare e più facile l’accumulo adiposo.

Questo accade perché all’eccesso di massa grassa consegue una sovra-produzione di molecole pro-infiammatore e un insulino-resistenza localizzata.

 

Ed ecco perchè in caso di insulino resistenza si avverte sempre fame e si è attratti da cibi zuccherini.

 

 

 

Come si può capire se effettivamente si è in insulino resistenza?

Occorre controllare l’homa index, un parametro che indica uno stato di insulino resistenza se maggiore di 2.

 

Questo parametro si ottiene dalla misurazione di glicemia ed insulinemia, in seguito ad un prelievo ematico, a digiuno da almeno 12 ore.

 

Occorre quindi moltiplicare il valore della glicemia per quello dell’insulinemia e poi dividere tutto per 405.

 

E’ utile anche valutare l’emoglobina glicata (HbA1c), che tiene conto della concentrazione ematica media di glucosio negli ultimi 3 mesi.

I valori ottimali di emoglobina glicata sono quelli inferiori a circa il 6%.

 

 

L’insulino resistenza è una condizione determinata da diversi fattori ma è possibile intervenire sulla composizione corporea attraverso l’esercizio fisico, lo stile di vita e lo stile alimentare.

Bisogna ridurre l’introito di carboidrati raffinati, preferendo cereali in chiccho ed integrali.

Eliminare l’apporto di alimenti industriali.

Per controllare i picchi glicemici post prandiali può essere d’aiuto, bere un bicchiere d’acqua con 1 cucchiaio di aceto di mele prima del pasto, cos’ da ridurre l’assorbimento degli zuccheri.

Bilanciare il pasto in modo che non si verifichino eccessivi picchi glicemici, aggiungendo sempre una quota di proteine e di grassi.

Applicare il digiuno intermittente.

 

 

Fonti:

https://doi.org/10.1007%2Fs40619-022-01131-3

Insulin resistance in obesity: an overview of fundamental alterations. Rocco Barazzoni, Gianluca Gortan Cappellari, Maurizio Ragni & Enzo Nisoli. Eating and Weight Disorders – Studies on Anorexia, Bulimia and Obesity volume 23, pages149–157 (2018).

Insulin Resistance. Andrew M. Freeman, Nicholas Pennings . StatPearls Publishing; 2022 Jan. 2022 Jul 4.

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